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Illustrissimo Sig. Presidente Giorgio Napolitano
Di M. Castronuovo (del 02/05/2010 @ 00:22:09, in AnniDiPiombo, linkato 1874 volte)
Illustrissimo Sig. Presidente Giorgio Napolitano,

come ogni 9 maggio Lei si starà preparando a ricevere le famiglie dei caduti durante gli “anni di piombo” per celebrare con loro la giornata della memoria delle vittime del terrorismo.
E’ importante che un Paese non perda la memoria anche dei propri anni più bui e mantenga alto il rispetto dei tanti che hanno sacrificato le proprie vite nella difesa dello Stato o di simboli e strumenti della democrazia.

Fino ad ora, però, le precedenti ricorrenze sono apparse più come delle convention di marketing che dei momenti di “presa di coscienza” e di superamento del dolore sul piano individuale.

C’è una parola che deve necessariamente accompagnare il termine “memoria” altrimenti questa resta un momento individuale di dolore che andrà presto perso lasciando spazio alla semplice compassione. E questo termine è Storia (con la S maiuscola, non è un errore).

La Storia, si impara sin dai banchi di scuola, la scrivono i vincitori. Gli anni ’70, i nostri anni ‘70, sono stati raccontati solamente da chi ne è uscito sconfitto e ha pagato (più o meno completamente) il proprio debito con la società.
Storici, giornalisti, osservatori e, soprattutto, familiari delle vittime non trovano però esaustive quelle parole, ritenendo che vi siano ancora troppi “buchi neri” di cui gli ex terroristi non parlano e che lasciano ancora troppe ombre sulle responsabilità di tante morti.

Evidentemente quei racconti, pur numerosi e forniti da più punti di vista, non sono sufficienti a chiarire fino in fondo come andarono le cose nel nostro Paese.
Perché? Semplice.
Perché loro, gli ex terroristi, hanno parlato di ciò di cui potevano parlare, un racconto dal loro punto di vista che, evidentemente, non è bastato per conoscerla tutta la verità.
Ci manca quel Dark side of the moon che non potrà mai venire dagli ex semplicemente perché non è loro responsabilità diretta. E quindi, come dice Curcio in una famosa intervista, dovrebbero fare delle chiamate di correità non avendo “le parole e le prove” per farlo.

Come uscirne? Sarebbe semplice se il nostro Paese avesse davvero la volontà di uscirne. Ma io credo che non ne abbia nessuna intenzione. Più semplice utilizzare il dolore che essere disposti a fare i conti con un passato che, forse, tanto lontano non è. Torna sempre utile un mistero quando si può, a seconda dell’occasione, scaricarne la colpa all’uno o all’altro.

Se Lei, Signor Presidente, fosse di avviso contrario, e volesse davvero utilizzare il 9 maggio 2010 come inizio di uno sparti-acque che ci traghetti verso una società più matura una cosa la può fare concretamente.

Qualcuno che in quello Stato ricopriva ruoli importanti, ha forse una certa disponibilità a raccontare un ulteriore pezzetto di verità che riguarda aspetti fino ad ora mai chiariti relativi a quello Stato che Lei, oggi, si trova a rappresentare nel cuore e nell’anima di tutti gli italiani.
Gianadelio Maletti, Generale del SID, direttamente coinvolto nelle strategie di quegli anni, ufficialmente latitante dal 1980 per la giustizia italiana condannato a 4 anni per favoreggiamento nel processo per la strage di piazza Fontana, ha ribadito (lo aveva già detto nel 2000 in un’intervista a Repubblica) il ruolo della CIA negli anni delle bombe e delle stragi. Pochi giorni fa, invece, si è anche espresso sulla vicenda di Aldo Moro sostenendo che i brigatisti avevano fatto un colpo troppo grosso e allora era impensabile che non si potessero mettere in mezzo forze molto differenti che, probabilmente, ebbero un ruolo determinante nel condizionare la morte del Presidente della DC.

Cose gravi, gravissime, che in qualsiasi Paese avrebbero provocato aperture di TG nazionali, quotidiani. Avrebbero “costretto” la magistratura ad interessarsi del caso, a verificare, approfondire.
Invece in Italia, Panta Rei, tutto scorre. Scorre sul velo dell’indifferenza della gente comune, del silenzio di coloro che sono chiamati in causa e, stranamente, sembra non interessare più di tanto neanche i familiari dei caduti.

Facciamolo questo sforzo. Si faccia ricordare come il primo Presidente che ha avuto il coraggio di guardare in faccia alla realtà e se siamo stati colonia, non fa niente. Ma almeno si potesse ammetterlo apertamente, sapere che la “ragione di Stato” non è un concetto astratto ma un muro invisibile che nasconde il dolore, la dignità di un popolo.

Quando non ci sono più le condizioni storiche, i muri cadono. E quando cadono possono provocare ulteriori dolori, è vero. Ma restituiscono la dignità, danno una speranza.

“Dobbiamo insomma aver cura che si rafforzino tutte le condizioni indispensabili per portare avanti, per portare a compimento un giusto sforzo di ricomposizione storica, nella chiarezza, e di rinnovata coesione umana, morale e civile della nazione.”
9/5/2009 – Discorso del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel "Giorno della Memoria" dedicato alle vittime del terrorismo.

E allora, caro Sig. Presidente, le dica queste nuove parole il 9 maggio. Non si immetta nel solito algoritmo ricorsivo di richiesta indefinita della verità.
Non chiediamola ma cerchiamola questa verità. E cominciamo da quello che hanno da dire coloro che erano dall’altra parte della barricata, che avrebbero dovuto difendere le Istituzioni.
Sono sicuro che una volta rotto l’argine, il fiume scorrerà generoso e darà nuova prosperità alle future generazioni.

PS. Eccovi i due video dell'intervista al Generale Gianadelio Maletti fatta da tre giornalisti Andrea Sceresini, Nicola Palma e Maria Elena Scandaliato che sono andati in Sudafrica e che dalla loro esperienza hanno tratto il libro "Piazza Fontana, noi sapevamo" (Aliberti Editore)


Maletti parla del caso Moro



Maletti parla della strage di piazza Fontana