Il
12 maggio del 1977, in una manifestazione indetta dai radicali per ricordare il III anniversario del referendum sul divorzio, trovò la morte la studentessa
Giorgiana Masi. E’ solo una delle tante vittime dei moti di piazza degli anni ’70, ma la sua morte è caratterizzata da circostanze mai chiarite e sulle quali una sentenza si è espressa in maniera sbalorditiva.
Giorgiana Masi non è vittima di schieramenti contrapposti, come si potrebbe facilmente immaginare. Ad ucciderla sono stati colpi d’arma da fuoco (calibro 22) sparati con l’intenzione di uccidere mentre, di spalle, fuggiva dalle cariche della Polizia.
Quei colpi ferirono altre due persone: un poliziotto ed un'altra manifestante. Il corteo si tenne nonostante il divieto di manifestazioni pubbliche entrato in vigore dal precedente 21 aprile quando fu ucciso un agente di Polizia e ne furono feriti altri cinque.
L’inchiesta sui fatti del 12 maggio ’77 si concluse il 9 maggio del 1981 per impossibilità di procedere (non fu individuato nessuno dei responsabili).
Parlavamo della sentenza. Eccone un tratto che, a rileggerlo a distanza di 33 anni, aumenta lo sgomento e la rabbia. Sgomento per ciò che caratterizzava le dinamiche del potere (ancora attive?), rabbia perché a farne le spese fu un’innocente ed indifesa studentessa.
«È netta sensazione dello scrivente che mistificatori, provocatori e sciacalli (estranei sia alle forze dell’ordine sia alle consolidate tradizione del Partito Radicale, che della non-violenza ha sempre fatto il proprio nobile emblema), dopo aver provocato i tutori dell’ordine ferendo il sottufficiale Francesco Ruggero, attesero il momento in cui gli stessi decisero di sbaraccare le costituite barricate e disperdere i dimostranti, per affondare i vili e insensati colpi mortali, sparando indiscriminatamente contro i dimostranti e i tutori dell’ordine.»
Cosa c’entra l’Emerito? Era Ministro degli Interni, mica Iddio! Non era ovunque e non poteva sapere tutto!
Si può dissentire?
Oltre alle responsabilità penali, esistono anche quelle politiche. Nel senso che ci sono persone che hanno il dovere di sapere, hanno il dovere di prevenire. Non glielo ha imposto il medico, lo hanno scelto da soli nel momento esatto in cui hanno accettato certe cariche.
Quindi un Ministro dell’Interno che non è in grado di assicurare che personaggi estranei (?) alle forze dell’Ordine operino in maniera sovversiva, dovrebbe essere calciato a pedate nel deretano ed il suo volto affisso in quel “
Wall of incapable” affinchè nessuno possa dimenticarne l’assoluta incapacità nel rappresentare le istituzioni.
E non essere premiato sino alle più alte cariche dello Stato.
Ma il motivo più grave che ci porta a dover parlare ancora dell’Emerito, non è questo.
A saper leggere bene le parole del giudice Claudio D’Angelo, sembra proprio che quel 12 maggio del ’77 non sia stato altro che l’ennesimo episodio della strategia della tensione che ha tenuto in bilico il nostro Paese (senza sovranità) e che il sangue bipartizan sia stato versato solo nell’ottica del ricatto tra blocchi contrapposti che si contendevano il predominio sul nostro territorio, in una guerra tutt’altro che fredda combattuta sullo scenario mondiale.
Cossiga ha più volte accennato ai fatti di quel giorno con le solite allusioni, mezze affermazioni degne del più codardo dei pentiti: quello che racconta ciò che gli torna comodo per l’esclusivo tornaconto personale e dei benefici di legge.
La studentessa Giorgiana Masi
Nel 2003 fu un po’ criptico:
«Non li ho mai detti alle autorità giudiziarie e non li dirò mai i dubbi che un magistrato e funzionari di polizia mi insinuarono sulla morte di Giorgiana Masi: se avessi preso per buono ciò che mi avevano detto sarebbe stata una cosa tragica»
Ma nel gennaio del 2007, in un'intervista al Corriere della Sera fu molto chiaro dichiarando di essere una delle cinque persone che sono a conoscenza del nome dell'assassino di Giorgiana Masi.
E tutti ricordiamo ancora bene il 24 ottobre del 2008 quando fu prodigo di consigli per il Ministro degli Interni Maroni su come affrontare le manifestazioni di piazza che il movimento l’Onda promosse per protestare contro la riforma Gelmini.
Allora Emerito? Lo so che
è difficile per un coniglio diventare leone, ma noi non pretendiamo questo. Vorremmo solo che il prossimo carnevale metta il suo bel vestitino da Re della Foresta e trovi il coraggio per parlare. Cosa è successo quel 12 maggio 1977? Quali forze del “doppio stato” hanno utilizzato quella manifestazione perché tornasse comodo ad alti settori delle Istituzioni? E già che c’è, ci racconti anche di Aldo Moro, di Ustica e di Bologna. Ci accontenteremmo di questo, per cominciare.
Poi potrà decidere lei stesso se mantenere il travestimento o tornare alle più comode vesti di coniglio
Più volte è intervenuto in difesa dei brigatisti che furono protagonisti della vicenda Moro contro chi li ha accusati di essere solo il braccio armato di menti di ben altro livello. Un riconoscimento politico che ha un significato preciso: erano un fenomeno autentico, non erano pilotati, ma sono stati “fregati” da qualcosa di più grande di loro. Una esplicita ammissione del fatto che l’Emerito ben conosce chi li ha fregati e come lo ha fatto. Non fosse altro perché è stato proprio lui il primo ad essere “giocato”.
Non si può pretendere di sapere dalle BR che contrastavano lo Stato chi, da dentro le istituzioni (o dall’esterno ma con un cordone ombelicale ancora non reciso), ha “giocato sporco” determinando l’uccisione di Aldo Moro.
Ma se è stato beffato anche Cossiga, vuol dire che è stato beffato lo Stato. E se si può capire il perché 30 anni fa queste cose l’Emerito non potesse dirle (era un coniglio, meglio ancora un cane abituato ad abbaiare a comando in cambio del biscottino al tartufo…) è vergognoso che alle soglie del crepuscolo della sua inutile esistenza tenga ancora la bocca tappata.
Forse, oggi, è questo l’ordine che fedelmente continua ad eseguire.
La sua missione non è terminata.
Si goda i “biscottini”, Emerito. Potrebbero essere gli ultimi.
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